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mercoledì 16 aprile 2014

Franchising amministratori condominio: apri la tua agenzia LM franchising in esclusiva,



Il mercato  della gestione immobiliare è in continua crescita e presenta un trend di sviluppo oltre ogni media. Il mercato di riferimento è sempre più alla ricerca di professionalità, evitando l’improvvisazione e l’incompetenza.

I numeri sono davvero interessanti: oltre l’80% degli Italiani vive in edifici in condominio, come proprietari o come conduttori di una locazione. Da una stima ufficiale dell’Agenzia del Territorio è emerso che in Italia operano circa 330.000 amministratori di condominio: di questi solo meno di 30.000 sono professionisti e amministrano una media di 39,5 edifici per ognuno. Nell’imminente futuro il mercato assorbirà migliaia di nuovi amministratori professionisti.

La nuova regolamentazione della professione in vigore con la riforma del condominio (L. n. 220/2012), apre nuovi scenari sul mercato, offrendo enormi potenzialità di sviluppo. La nostra proposta commerciale si presenta con una formula innovativa, altamente competitiva e fortemente orientata alla professionalità, tale da porre i nostri affiliati nelle condizioni migliori per inserirsi con successo in questo  nuovo settore professionale, non limitandosi alla mera attività di amministratore di condominio, ma diventando un vero Property Manager, in grado di occuparsi della gestione globale dei patrimoni immobiliari.

Le maggiori caratteristiche del mercato di riferimento sono:
 Assenza di fenomeni di crisi;
 Realtà urbanistiche sempre in continua espansione;
 Elevata ricerca di professionalità;
 Competizione fortemente limitata.

Cosa offriamo e i vantaggi per l’Affiliato
1. Innovazione gestionale
2. Forte competitività
3. Supporto continuo
4. Aggiornamento professionale
5. Elevata qualità nei servizi
6. Consulenza Legale Fiscale e Tecnica
7. Protocolli di procedura
8. Formazione professionale altamente qualificata
9. Seminari di aggiornamento periodici
10. Consulenza telefonica
11. Consulenza via e-mail
12. Consulenza in videoconferenza
13. Manuali operativi e guide
14. Campagna pubblicitaria nazionale
15. Concessione del marchio di impatto sul consumatore
16. Contratto della durata di 5 anni, rinnovabile
17. Tutoraggio on-line
18. Tutor personale
19. Zona territoriale in esclusiva
20. Presenza sul sito web con indirizzo di posta elettronica dedicato
21. Accesso al portale web riservato operativo
22. Kit file di stampa materiale in linea

Oltre all’amministrazione e alla gestione immobiliare, avrai la possibilità di offrire ai tuoi clienti anche ulteriori servizi.

Cosa chiediamo

Requisiti personali del franchisee

Inclinazione al lavoro autonomo.
Cultura superiore (la laurea costituisce titolo preferenziale).
Buona conoscenza applicazioni PC ed internet.
Esperienza nel settore: non richiesta.
Certificato generale casellario giudiziale “NULLO”.
Assenza di protesti o misure di prevenzione.
Adesione al Codice Deontologico Aziendale.
Uffici di 50/60 mq., in almeno 2/3 ambienti.

Investimenti

Diritti d’ingresso: SI
Royalties fisse: SI



Il costruttore non può riservarsi la redazione del regolamento.

La clausola contenuta nel rogito con la quale il costruttore-venditore si riserva la redazione del regolamento di condominio (spesso con tabelle millesimali incluse) è affetta da nullità (Cass. Civ. 8606/2014).

Accade spesso che il costruttore riesca a vendere la prima unità immobiliare ancor prima di disporre del regolamento con relative tabelle, che, non di rado, assume anche profili contrattuali che comprimono il diritto di proprietà dell’avente causa.

Va precisato come nei casi di volontà da parte del costruttore di munire l’edificio di regolamento questo può assumere validità esclusivamente in due modi:
· per allegazione, allegando lo stesso regolamento al rogito;
· per richiamo, attraverso una precisa identificazione del regolamento con riferimento ad un numero di trascrizione e/o registrazione presso un Pubblico Ufficio (Conservatoria/Ufficio del registro presso l’AdE).

A nulla può valere, dunque, l’ipotesi di una riserva da parte del costruttore a cui si aggiunge, spesso, anche l’accettazione da parte dell’avente causa.

La Suprema Corte, come già ribadito in altre circostanze, non poteva che limitarsi a dichiarare la nullità assoluta di una tale clausola. Infatti, una tale riserva costituirebbe un “imprecisato oggetto del mandato” in contrasto con la tipicità del contratto.

E’ appena il caso di ricordare come la clausola nulla sia improduttiva di effetti giuridici sia con riferimento all’atto principale che a quelli che da questa ne sono derivati e come la sentenza del Giudice sia meramente dichiarativa.


A cura del Centro Studi
© RIPRODUZIONE RISERVATA

 Fonte: www.condominioelocazioni.it

Nulle le sanzioni del regolamento che vanno oltre le previsioni dell’art. 70 disp. att. cod. civ..

“Per il generale divieto di autotutela nei rapporti privati, è nulla la clausola del regolamento di condominio che, superando l’eccezionale autorizzazione di cui all’art. 70 disp. att. cod. civ., preveda, per le infrazioni dei condomini (nella specie, parcheggio irregolare in area comune), sanzioni diverse da quella pecuniaria (nella specie, rimozione dell’autovettura).           Per il generale divieto di autotutela nei rapporti privati, è nulla la clausola del regolamento di condominio che, superando l’eccezionale autorizzazione di cui all’art. 70 disp. att. cod. civ., preveda, per le infrazioni dei condomini (nella specie, parcheggio irregolare in area comune), sanzioni diverse da quella pecuniaria (nella specie, rimozione dell’autovettura).”
(Cass. II sez. civ. n. 820, 16 gennaio 2014).


La Suprema Corte è tornata ad esprimersi sulla illegittimità delle sanzioni previste dai regolamenti di condominio che eccedono le già eccezionali previsioni dell’art. 70 delle disposizioni di attuazione del codice civile, che si limitano a prevedere le sanzioni pecuniari per le violazioni al regolamento fino ad un massimo di € 200, e fino ad € 800 per i casi di recidiva.

Questa ulteriore precisazione, ci aiuta a comprendere definitivamente la nullità di sanzioni come la rimozione del veicolo, more, interessi o penali di sorta.

Gli unici margini di manovra in materia di sanzione restano quelli fissati dall’ordinamento al quale non è possibile derogare nemmeno attraverso un regolamento di tipo contrattuale, e sono la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 70 disp. att. c.c. e la sospensione dei servizi ad uso separato nei casi di morosità protratta per oltre un semestre.




A cura del Centro Studi
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Oneri condominiali: l’amministratore può rivolgersi soltanto al reale proprietario.

In materia di recupero degli oneri giudiziali, l’amministratore deve e può rivolgersi esclusivamente al proprietario, l’unico a rivestire la qualità di condòmino, e giammai al conduttore, al comodatario, al promissario acquirente o comunque a quanti ancorché occupando l’alloggio e comportandosi come condòmini, in realtà non lo sono.


«Il condominio, infatti, è un ente di gestione diretto all’amministrazione delle parti comuni dell’edificio, cui partecipano i proprietari dei diversi piani o quote dello stabile (art. 1117 c.c.). Ne consegue che tutti i rapporti interni, reali o obbligatori, che attengono alle cose comuni ed alla loro amministrazione, trovando titolo nei singoli diritti di proprietà individuale e collettiva, intercorrono tra i soli condomini e non possono coinvolgere terzi.
Ciò vale, in particolare, per i crediti derivanti dalle spese fatte per la gestione dei beni di proprietà comune, che, dal lato passivo, sono a carico esclusivamente dei singoli condomini, come del resto espressamente dispone l’art. 1123 c.c..
Il condominio e, per esso, i singoli condomini possono pertanto far valere le loro ragioni creditorie relativamente al pagamento degli oneri condominiali esclusivamente nei confronti di altro condomino, non già nei confronti del conduttore o comunque di chi occupa l’appartamento senza esserne il proprietario, non avendo nei suoi confronti azione diretta (Cass. S.U. n. 5035 del 2002; Cass. n. 17039 del 2007; Cass. n. 1627 del 2007)».


Inoltre, in caso di alienazione di unità immobiliare, l’amministratore può agire con ricorso per decreto ingiuntivo esclusivamente verso l’acquirente e non più verso il dante causa nonostante i debiti pregressi.  Per i debiti ulteriori rispetto a quelli relativi all’anno in corso e a quello precedente (di cui risponde l’avente causa), per il recupero giudiziario delle somme non resta che proporre un vero e proprio atto di citazione.


«In tema di condominio di edificio, in caso di alienazione di un piano o di porzione di un piano, dal momento in cui il trasferimento venga reso noto al condominio, lo status di condomino appartiene all’acquirente, e pertanto soltanto quest’ultimo è legittimato a partecipare alle assemblee e ad impugnarne le deliberazioni, mentre il venditore, che non è più legittimato a partecipare direttamente alle assemblee condominiali, può far valere le sue ragioni connesse al pagamento dei contributi (relativi all’anno in corso e a quello precedente, ai sensi dell’art. 63 disp. att. cod. civ.) attraverso l’acquirente che gli è subentrato, e per il quale, anche in relazione al vincolo di solidarietà, si configura una gestione di affari non rappresentativa che importa obbligazioni analoghe a quelle derivanti da un mandato, e fra queste quella di partecipare alle assemblee condominiali e far valere in merito anche le ragioni del suo dante causa (Cass. n. 9/1990).
Ne consegue che se il condomino alienante non è legittimato a partecipare alle assemblee e ad impugnare le delibere condominiali, nei suoi confronti non può essere chiesto ed emesso il decreto ingiuntivo per la riscossione dei contributi, atteso che soltanto nei confronti di colui che rivesta la qualità di condomino può trovare applicazione l’art. 63 disp. att. c.c..».

A cura del Centro Studi
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L’ex amministratore che non procede con il passaggio di consegne commette il reato di appropriazione indebita.

La Suprema Corte apre all’ipotesi di reato e stabilisce che l’ex amministratore che non procede al passaggio di consegne commette il reato di appropriazione indebita, previsto e punito dall’art. 646 c.p. e questo perché l’ingiusto profitto che oltre a poter essere anche solo potenziale e non necessariamente materiale, non deve necessariamente assumere il profilo patrimoniale.

Questa la sintesi della sentenza n. 29451/2013 della Cassazione che, nel caso di specie, ha individuato l’ingiusto profitto nel semplice fatto di rendere difficoltosa la continuazione dell’amministrazione successiva per mancata consegna di tutti i documenti e nel fatto che l’ex amministratore, ritenendo illegittima la delibera che lo aveva sostituito, chiedeva ai condòmini dissenzienti di sottoscrivere un documento in suo favore. Inoltre, ritenendosi ancora in carica, avrebbe potuto in futuro accampare pretese in ordine al suo ulteriore operato.

Oltre a rilevare sul piano civile, ulteriormente cristallizzato dalla entrata in vigore della legge 11 dicembre 2012, n. 220, la mancata consegna dei documenti all’amministratore entrante, consente, dunque, a quest’ultimo di potersi  rivolgersi all’Autorità Giudiziaria Penale.

A cura del Centro Studi
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Pulizia delle scale: l’assemblea non può deliberare la turnazione tra i condòmini.

L’Assemblea dei condomini ha la facoltà di decidere in ordine alle spese ed alle modalità di riparto, deliberando l’approvazione del bilancio preventivo e consuntivo, ma le è esclusa la possibilità di imporre al singolo condomino l’obbligo di pulire le scale in un dato momento, o di provvedervi attraverso un proprio pulitore. Nel caso l’Assemblea assuma una simile delibera, questa sarebbe radicalmente nulla, avendo i condomini statuito oltre le proprie competenze, violando i diritti del singolo condomino sui quali la legge non consente ad essa di incidere. (Cass. Civile n. 16485 del 22.11.2002).

La Cassazione ribadisce l’impossibilità per l’assemblea di deliberare la turnazione della pulizia delle scale tra i condòmini, dichiarando una simile delibera affetta da nullità radicale.

Tuttavia, in molti condomini si continua a credere nella legittimità di tali decisioni, costringendo anche i contrari a pulire le scale comuni o a farlo fare a proprie spese da un terzo incaricato. Ricordiamo, inoltre, che una tale delibera non solo risulterebbe contraria ai principi costituzionali (art. 23 Cost.), ma comporterebbe, in caso di incidenti, una assunzione di responsabilità civile da parte dei condòmini stessi e penale a carico dell’amministratore.

Pur volendo pensare all’ipotesi di una decisione assunta all’unanimità dei partecipanti, a mo’ di convenzione, resterebbero comunque delle criticità:
· la decisione non sarebbe comunque valida nei confronti dei conduttori;
· la decisione non sarebbe valida comunque nei confronti dei futuri proprietari;
· la decisione non risulterebbe idonea a sollevare l’amministratore dalla sue responsabilità penali (art. 27 Cost.).

L’auspicio, dunque, a tutela delle responsabilità di tutti, è che i condòmini capiscano questi limiti normativi e si convincano della bontà e della necessità di affidare a terze imprese la pulizia delle scale e di tutte le parti comuni in genere.

A cura del Centro Studi
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I divieti dei regolamenti contrattuali al cambio di destinazione d’uso delle singole unità esclusive, devono essere chiari e non equivoci.

Alcuni regolamenti di condominio (necessariamente contrattuali), spesso prevedono il divieto di destinare le singole unità esclusive a specifiche attività: scuole di ballo, gabinetti medici, ristoranti ecc…

Premesso che il divieto è pienamente legittimo poiché accettato nell’ambito dell’autonomia negoziale delle parti, tuttavia, spesso ricorre l’ipotesi di divieti non meglio specificati: attività contro la quiete pubblica, attività rumorose, attività ludiche, ecc.. Tutte ipotesi generiche sìche cercano di ricomprendere una indeterminata casistica.

A tale proposito, va ricordato coma la Cassazione, con sentenza n. 16832/2009 ha specifica  che “le restrizioni alle facoltà, inerenti alla proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio di natura contrattuale devono essere formulate in modo espresso o comunque non equivoco, in modo da non lasciare alcun margine d’incertezza sul contenuto e sulla portata della relativa disposizione. I divieti e i limiti devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo a incertezze e non possono quindi dar luogo a duna interpretazione estensiva delle relative norme”.

A cura del Centro Studi
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